Mentre in Italia si discute sull’aumento della imposizione fiscale sulle plusvalenze generate dalla vendita di Bitcoin che passa dal 26% al 42% a partire dal 1 gennaio 2025, gli Emirati Arabi Uniti hanno deciso di esentare dall’IVA applicabile sia a individui che a imprese anche le transazioni e le conversioni di criptovalute.
E così, mentre le altre nazioni restano caute nel definire regolamenti chiari sulle criptovalute, e mentre l’Italia attua strategie fiscali controverse, considerate inique dai più, gli UAE adottano un approccio aperto e proattivo con una politica fiscale favorevole e un quadro normativo progressista che mira a consentire la crescita del Paese e attrarre investimenti anche in questo settore.
E’ interessante notare che gli UAE avevano già applicato le esenzioni IVA per la gestione di fondi di investimento, il trasferimento e la conversione di asset virtuali dal 1 gennaio 2018, pertanto i soggetti privati e le imprese che avevano versato l’IVA su acquisti o vendite di criptovalute dal 2018 potrebbero addirittura essere idonei per ottenere i rimborsi dal Governo.
Secondo l’ultimo rapporto di Chainalysis, da luglio 2023 a giugno 2024, gli Emirati hanno ricevuto oltre 30 miliardi USD in criptovalute, rendendolo la terza economia cripto più grande nella regione del Medio Oriente e Nord Africa. Di qui, con l’evoluzione di questa politica progressista e queste manovre fiscali così competitive, gli UAE puntano ad essere considerati uno degli hub globali più importanti per la tecnologia blockchain, attirando numerosi investitori, aziende e progetti nel settore delle criptovalute.
Il rapporto di Chainalysis evidenzia anche che gli UAE stanno sviluppando un ecosistema di criptovalute diversificato e in crescita tanto che il valore totale dei servizi di Decentralized Exchange negli Emirati Arabi Uniti, ovvero di servizi erogati da piattaforme di trading di criptovalute che operano su blockchain e non richiedono un intermediario centrale, è aumentato del 74% rispetto all’anno 2023, passando da 2,3 miliardi USD a 3,4 miliardi USD.
Dal canto suo l’Italia rischia la fuga di crypto con la tassa del 42% calcolata sulle plusvalenze di Bitcoin da quando il Vice Ministro dell’Economia Maurizio Leo avrebbe spiegato che l’aumento delle tasse sulle criptovalute aiuta a risolvere le sfide fiscali del Paese, in particolare il finanziamento dei servizi pubblici e della sanità.
La prospettiva tutta italiana della tassa sulle plusvalenze ha scatenato significative controversie tra gli investitori e i leader del settore, con reazioni prevalentemente negative rispetto all’umore che si respira a Dubai, dove il sentimento generale è quello di crescita del settore finanziario, che spingerà senza dubbio molti investitori italiani ad una fuga di capitali, proprio per pagare meno tasse.
Dubai, insomma, si distingue sempre di più nel panorama globale per il suo approccio proattivo verso le tecnologie blockchain e le criptovalute che promettono di farla diventare la prima città al mondo a funzionare interamente su blockchain, per la sua capacità di ridurre al massimo la tassazione, per la realizzazione di una legislazione favorevole, infrastrutture tecnologiche all’avanguardia uniche al mondo e un quadro regolamentare chiaro e stimolante, che garantisce sicurezza e stabilità agli operatori del settore.
Settori come la finanza, il settore immobiliare e il commercio al dettaglio stanno già sperimentando trasformazioni radicali grazie all’integrazione di queste tecnologie e vantaggi unici in tema di tassazione e rendimenti, e Dubai di contro è sempre più un leader indiscusso nell’economia e finanza digitale globale.
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